mercoledì 12 maggio 2010

Il budino non budino


Il titolo non vuole essere un richiamo stupidello al "bollito non bollito" di Massimo Bottura (ndr: sto invidiando profondamente da due settimane i partecipanti alla 12 ore di Le Max) è solo che a forza di creare, modificare, rivisitare, mi sembra che il linguaggio culinario sia sempre più arbitrario e forse anche superfluo, obsoleto. Qualcuno potrebbe definitivamente far chiarezza tra "flan" e "sformato", tra "semifreddo", "bavarese" e "parfait" please? A volte gli stessi ristoratori fanno un po' di confusione in carta, per non parlare dei libri, ricette, tv, signore della porta accanto... urge una codificazione seria e moderna, tipo l'UNI-ISO della cucina :)

Il caso di oggi è un "coso" che non so come battezzare perché non contiene uova né amidacei come farina, fecola, maizena anche se ha le sembianze di un budino... geladino forse (ibrido tra gelatina e budino)? Tutta colpa dell'agar, della sindrome di onnipotenza che procura-tipo frullare e gelificare qualsiasi cosa edibile ti venga in mente- e colpa di Fanny che tempo fa mi stupì per l'ennesima volta sformando questa gelée di gusto un po' vintage, tra Nonna Papera e Happy Days.
In attesa dello Zingarelli della cucina, io vi lascio il mio coso cioccolatoso alla nocciola. La fava tonka, delicata nel dosaggio (non esagerare, massimo mezzo seme per queste dosi) e malvista da molti che la darebbero ar gatto :) incontra sempre più i miei favori: con la nocciola ed il cioccolato al latte (ed opzionalmente la pera) trovo formi una famiglia d'abbinamenti perfettamente assortita.

"Gelatina" al cioccolato al latte e nocciola
Per quattro stampini:
latte intero 400ml
zucchero di canna 40g
cioccolato al latte 60g
cioccolato fondente 20g
pasta pura di nocciole 50g
fava tonka
agar in polvere 2g


Far intiepidire il latte con lo zucchero, l'agar ed una grattata di fava tonka, a parte fondere a bagnomaria il cioccolato ed unirvi il latte a filo mescolando con una frusta. Portare il tutto sul fuoco fino a 85°, mescolare ancora e spegnere dopo un minuto. Aggiungere la pasta di nocciole a temperatura ambiente, poi versare negli stampini d'alluminio (precedentemente bagnati, scrollati e tenuti in freezer qualche minuto). Attendere mezz'ora poi trasferirli in frigo per almeno altre 2-3 ore. Sformare aiutandosi con la lama liscia di un coltello.

mercoledì 5 maggio 2010

Amaretti morbidi (quasi) di Sassello


Rientro nel mio seminato e nel dolce, mentre le nuvole tardive-e francamente fastidiose- riprendono a scaricare acqua sulla città. Sì, i profumi dai giardini dopo una bella pioggia saranno inebrianti pure loro, però li preferisco da asciutti, magari al rientro da un pomeriggio di mare, mentre in vespa da Nervi al centro sniffo polline, gelsomini, erba tagliata (ed inevitabilmente anche meno romantico smog).

Oggi davvero una cosina "veloce e facile!" fatta una sera che gli albumi in frigo chiedevano pietà. Non vi aspettate l'identica resa dei veri amaretti di Sassello, ma come consistenza interna ci siamo. Punto un po' critico è la conservazione: il perché della carta che li fascia uno ad uno nelle scatole-e che collezionavo da piccola scartando l'amaretto-è che devono come "respirare" per mantenersi bene... ipotesi mia, ovviamente, ma mi sembra plausibile. La cosa ovviamente non vale per tutti gli impasti meringosi secchi, tipo amaretti classici, brutti ma buoni, macarons, dacquoise, che temono l'umido come la peste e che è meglio chiudere ermeticamente nel vetro o latta.

Amaretti morbidi
farina di mandorle 275g
zucchero semolato fine (tipo Zefiro) 375g
mandorle amare macinate (o farina di mandorle dolci+3 gocce di essenza di mandorla amara) 25g
albumi (meglio se vecchi di qualche giorno e conservati in barattolo) 125g
zucchero a velo
scorza grattuggiata d'arancia (facoltativa)


Riscaldare il forno a 200°. Setacciare la farina di mandorle con metà dello zucchero ed unirvi la scorza d'arancia. Montare gli albumi a meringa ferma con l'altra parte di zucchero ed incorporarvi con la spatola, senza smontare il composto, la farina prima setacciata. Con un sac à poche (punta liscia o stellata da 1,5 cm) formare sulla carta forno in teglia dei dischetti "cicciotti" di 3-4cm distanziandoli tra loro perché cresceranno in cottura. Spolverare di zucchero a velo ed attendere qualche minuto che si assorba nell'impasto. In cottura si formerà una sorta di crosticina croccante, volendola più consistente ripetere l'operazione. Far riposare mezz'ora prima di infornare in modo che asciughino ancora (procedimento rubato ai macarons).
Infornare sempre a 200° ventilato per circa 10-15 minuti senza aprire lo sportello finché saranno gonfi e coloriti uniformemente. Quando il forno sarà spento, rimettere gli amaretti ad asciugare con lo sportello aperto per metà (questo passaggio potrebbe non essere necessario, basta controllare sotto ad un biscotto se l'interno è ancora troppo cedevole: ho preferito farlo per evitare che con poca umidità i biscotti prendessero l'effetto chewing-gum). Per la conservazione: un buon compromesso può essere una scatola di cartone con un sacchetto di carta ben chiuso all'interno. Ho anche notato che la consistenza migliora e si stabilizza dopo 3-4 giorni.